Sneak preview: uncut training scene with Renato Paioli
“Amazing grace” music video: Acknowledgements
Work in progress…
Qualche scarabocchio dallo stroryboard di preparazione al video musicale che inizierò a girare martedì. Quanta carta! Forse l’iPad per gli storyboard sarà la giusta soluzione. Un saluto al maestro Luca Raffaelli, che non ho potuto raggiungere oggi al mare…Tutta la giornata a scarabocchiare stacchi…Next time…Next time…
Protected: Intervista a Radio Uno Punto Zero
Orfanotrofio Italia: mentori italiani cercansi. Da una società feudale all’economia di relazione (III parte)
AGLI UOMINI ITALIANI DAI 40 AGLI 80 ANNI E ALLA LORO SOPITA CAPACITA’ DI FARSI MENTORI.
Link all’articolo sull’Italiano
Se l’Italia è una società feudale, dove anche la più insignificante delle strutture diventa nel tempo un feudo impenetrabile, dove ogni logo è bunker autoreferenziale, e nessun buon progetto può avviarsi senza santi in paradiso, l’uomo che debutta in società dopo la parentesi liceale, non sa ancora che il proprio paese non vorrà aver niente a che vedere con lui, e inizierà a muovere i primi passi in quello che si manifesterà a un certo punto come un mostruoso orfanotrofio sconfinato poiché privo di quella figura essenziale che appare dal nulla quando ogni giovane, ormai pronto per l’incontro, ha bisogno di una propulsione nuova e sconosciuta per prendere definitivamente il largo: sto parlando del mentore, e adesso accennerò al primo che conobbi.
Le modalità secondo le quali un uomo inizia ad assolvere al proprio e ineluttabile ruolo di mentore sono sempre le stesse: è cercato da un giovane che lo avvicina e lo elegge a mentore, cerca lui stesso un giovane perché deve tramandare una certa conoscienza, è già accanto al giovane da molto tempo ed esercita tale funzione automaticamente, senza che nessuno dei due se ne renda conto. Il mio primo mentore rientra nella terza categoria, non l’ho cercato, era già accanto a me: il mio professore di Disegno al liceo romano Pio IX, Mario Salvatori, buon’anima. Quando avevo 18 anni e il prof. Salvatori entrava in classe, io non vedevo un professore ma percepivo un uomo. Mario era l’essenza dell’insegnamento stesso emanata da un signore settantenne stazza un metro e 90 e assorbita da noi per osmosi. L’uomo era vedovo, un figlio disabile a casa, una scatola di mentine in tasca e un barboncino al guinzaglio; un lord senza tempo che ci insegnava tutto ciò che sapeva: nelle sue classi, anche gli oggettivamente inetti toccavano considerevoli cime artistiche …Come diceva a chi avanzava la scusa del “Non ho la mano”…:” “Tesoro bello manico d’ombrello, non è la mano che disegna, ma il cervello”. Sotto il suo sguardo, crescevamo come in una serra, protetti, rigogliosi, stimati. E non dimenticherò mai quelle due settimane in cui, tornato dalla Svezia dopo la maturità, mi armò fino ai denti per l’esame di ammissione all’Accademia di Belle Arti, munendomi persino di ordigni intellettuali non convenzionali.
Twist in the plot: l’influenza del mentore può essere scientificamente provata dalla fisica quantistica, che ridotta in soldoni ci dice: “L’osservatore influenza l’osservato”. Per non far prendere a questo mio articolo fuorvianti e basse pieghe sentimentali, vi dirò che ciò che avviene a livello molecolare è interessantissimo: quando osservate, le particelle subatomiche sono influenzate a livello comportamentale, non modificate, influenzate.
Adesso, esistono tre tipologie di paternità in grado di influenzare l’arco della nostra vita, 3 tipi di padri. C’è il padre fisico, quello di nascita, che nel tempo scopri essere ottenebrato dal raggiungimento di una stabilità economica continua; il padre spirituale, come prete, che nel tempo scopri difficile da avvicinare perché si sta preparando sempre una predica migliore da fare e ha bisogno di scrivere in pace; e l’uomo che entrati in società si deve conoscere per una necessaria crescita umano-professionale, il padre mentore, il genitore tecnico che ti avvia verso la moltiplicazione dei tuoi talenti e finisce col determinare definitivamente la tua fioritura d’uomo. Quest’ultima forma di paternità, a causa dell’assenza di una economia di relazione derivante da una società che non è riuscita a sfeudalizzarsi, esiste in Italia in modo del tutto trascurabile.
La figura del mentore si sviluppa infatti nella misura in cui una società si muove dinamicamente in un’economia di relazione. E L’economia di relazione è quell’atteggiamento che scaturisce dalla consapevolezza che conoscere lo sconosciuto che hai davanti può essere un arricchimento. Consapevolezza che stenta a realizzarsi in una società come l’Italia, storicamente feudale perchè chiusa in una pletora di compartimenti stagni non comunicanti, tutti privi di una “Single window”, porta d’accesso chiara e visibile che determina il contatto immediato di chi vuole proporre qualcosa a.
La cinematografia americana ci fornisce una quantità pressocchè infinita di mentori, da Obi-Wan Kenobi che alleva Luke Skywalker in Star Wars, a Mickey Goldmile che allena lo Stallone italiano in Rocky; da Gordon Gekko che istruisce il giovane Jake in Wall Street 2 a Robin Williams che forma i suoi studenti in “Dead poets society”. Badate bene ai verbi usati: alleva, allena, istruisce, forma. Una società, quella americana, che nonostante i difetti grossolani sotto gli occhi di tutti è sanissima a livello di ricambio generazionale. C’è sempre un vecchio che si nutre della vitalità energetica di un giovane e un giovane che matura accanto all’esperienza donata di un anziano who brings him to the next level…Nessuno può sopravvivere senza l’altro, ognuno, seppur diversamente, è la linfa vitale dell’altro.
Per esemplificare l’atteggiamento di un mancato mentore italiano, ascoltate cosa diceva il grande direttore della fotografia Tonino Delli Colli al suo imberbe assistente Mario Brega: “Io non ti dirò nulla. Dovrai rubarmi tutto con gli occhi”. Bello, vero? Un immenso professionista con ridotte capacità di mentore e un allievo che ha dovuto saccheggiare perchè non poteva domandare. Caso isolato? No. La generalizzazione di questo atteggiamento ha portato alla non nascita di una vera industria cinematografica italiana: non abbiamo un’industria, abbiamo gente che gira cose scambiandosi gli attori.
All’inizio di Rocky, Stallone sbarca il lunario come picchiatore, perchè l’uomo al quale dieci anni prima aveva chiesto di allenarlo aveva rifiutato. Una volta arrivata l’occasione dell’incontro con Apollo, è lo stesso allenatore che cercherà Rocky per poterlo allenare. Morale: Lo Stallone italiano diventa Rocky sotto la guida di Mickey, e Mickey conquisterà il suo unico titolo mondiale con Rocky, una mutua realizzazione umana e professionale.
Qualche anno fa, sotto la pioggia di NY, sorseggiando un acquoso caffè americano su un trespolo del supermercato accanto alla mia lavanderia preferita di Harlem, ho calcolato esserci un gap di esatti 10 anni tra la realizzazione di un uomo americano e quella di un uomo italiano. Perchè da noi ognuno è il mentore di sé stesso. Ora, quando un elettrone cambia orbita, c’è un rilascio di energia. Allo stesso modo, quando un mentore aiuta un giovane a passare su un altro livello, c’è lo stesso rilascio di energia, quell’energia che mette in moto l’economia di un paese. Senza un mentore, un giovane necessiterà dunque di molto più tempo per passare su un altro livello e quando rilascerà quell’energia, perché la rilascerà, l’energià sarà di qualità inferiore, vuoi per la stanchezza, vuoi per il tempo.
Quanto scrivo è scritto per gli uomini italiani dai 40 agli 80 anni, ma anche per le donne, perchè leggendo queste righe possano immediatamente farsi mentori di qualcuno.
Cercasi mentori italiani: quando un elettrone cambia orbita c’è un rilascio di energia. Rilascio di energia. Uscendo dall’orbita.
CERCASI 12 MILIONI DI MENTORI PER UN IMMENSO RILASCIO DI ENERGIA ITALIANA.
Manuel de Teffé
mdeteffe@me.com
My new music video in the works: meet the talents.

I’m glad to announce that Renato Paioli and Simona Petrucci have been cast for the lead roles in my next music video. The music video will deal with the story of a boxer, and will serve as a storyline for a brand new version of “Amazing Grace” which is in the works in New Orleans. Special thanks to Paolo Fidemi and his studio www.studiofidemi.it who believed in the project and have been of unparalleled help. I also would like to thank all the actors and actresses who gave us their availability believing in the project. Last but not least my assistant director Francesca Bellucci whose help is being priceless.
Meet Renato: http://www.youtube.com/watch?v=e3NMy0ib8kk
Meet Simona:http://www.youtube.com/watch?v=cNdDWoKXyeM
3D without glasses
Ecco uno dei primi risultati prodotti con la prima vera cinepresa digitale della storia del cinema: la EPIC della Red. Filmato da Vincent Laforet e messo in rete oggi, dimostra la peculiarità spettacolare di questa camera: una latitudine di posa senza precedenti, una dynamic range che passa i 18 stop. La prima inquadratura, notte stellata con carrello in avanti, ci possiede con un paesaggio tridimensionale senza ricorrere al 3D. Sono immagini talmente spettacolari che sorge un dubbio: avremo realmente bisogno del 3D nei cinema? Per i cartoni animati, sarà divertente, ma per un film ne varrà la pena? Non sarà meglio godersi un’immagine così potente che racchiude già in sé tutti elementi della tridimensionalità senza costringere lo spettatore a indossare gli occhiali? Questa mattina ho rivolto la domanda a Vincent che mi ha risposto così dal suo blog.
“Faccio un salto all’Avana” – Intervista con Aurora Cossio – o anche: manuale di come si ritorna in Italia.
Link all'”L’Italiano” in pdf – articolo a pagina 8 – Prodotto da Medusa film e Rodeo Drive, “Faccio un salto all’Avana” è un film che è andato giù più veloce della Coca Cola che mi sorseggiavo al Roxy col biglietto omaggio, liscio come una rincorsa di Tom & Gerry e gassato come un marameo alla Tex Avery, una storia semplice ma in grado di cristallizzare l’italico paradosso con nonchalance sudamericana. Regia: Dario Baldi.
I protagonisti maschili sono Fedele e Vittorio, interpretati rispettivamente da Enrico Brignano e Francesco Pannofino, due fratelli romani sposati a due sorelle. Qui la storia al fulmicotone: quando il ligio Fedele si rende conto che il pirotecnico suicidio del fratello è stato solo una vile una messa scena per lasciare la moglie e iniziare una nuova vita a Cuba, parte crociato per l’Avana per stanare il figliol prodigo, inscenargli un coccolone morale e riconvertirlo all’Italia e alla famiglia, perché un uomo è un uomo e ha dei doveri verso una moglie e due figlie che vanno al di là. Sì, lallero. Macchè, Fedele scoprirà invece che: 1) l’Avana è la terra dove il suo represso lato artistico di cantante può esplodere senza chiedere permesso alle sue sedute di psicanalisi; 2) la peggiore donna di Cuba da giri di pista al suo incartapecorito concetto di famiglia; 3) con i fratelli non si agisce da padri e alla fine che vadano per la loro strada.
Il film ha alcuni momenti trascendenti. Brignano che canta, lirico, da solo vale il film. Il solo di Aurora Cossio, notevole, che si cimenta nell’imitazione dei fraseggi di una telenovela e, udite udite: la chicca metafisica del poliziotto cubano che cubano non è affatto ma ex borgataro romano che mollato il Bel Paese si è integrato camaleonticamente in una nuova società facendo carriera. Abbiamo così tre diverse tipologie di italiani che trovano nell’estero il loro Eldorado. Menzione d’onore alla bravissima Grazia Schiavo, quando appare questa attrice sembra che il film rasenti il 3D, tanto trasuda surrealismo.
Vi presento adesso la protagonista femminile, pefectly cast, chiave della suspension of desbelief (diamo una bella ripassata a Coleridge): l’italocolomba Aurora Cossio.

Manuel Ciao Aurora, introduce yourself please.
Aurora Ciao Manuel, beh come sai sono nata in Colombia ma quello che non sai forse è che le mie origini risalgono a un paesino piccolo ma molto bello ed accogliente del sud Italia, “Castel nuovo di Conza” nella provincia di Salerno. Mio bisnonno dopo la guerra è emigrato in Colombia come tanti altri castelnovesi. Allora perchè sono venuta in Italia? Sono stata iperprotteta dai mei, cosa che mi ha spinto a voler staccarmi un po’ ed essere padrona di me stessa e della mia vita, cosi ho scelto l’Italia come primo step della lunga corsa che mi aspetta… L’Italia mi ha regalato un’opportunità: rinascere con una nuova identità affermata. Ho imparato una nuova lingua, ho riso, ho pianto, mi sono confrontata con le mie paure, ho vissuto la solitudine, la noia e con terrore la maldetta monotonia, “l’incubo d’un artista”… Ma soprattuto ho imparato ad amare questo mio percorso, questo mio mestiere con tutte le forze del mio cuore…E adesso sono fiera di farne parte, e del gruppo d’attori e addetti ai lavori che vogliono difenderlo anche quando il sistema ti vuole anullare insieme a lui. Mando un messaggio d’amore, tanta fede e speranza a tutti i sognattori che ci legono in questo momento: credete e non smettete di sognare mai!
Manuel Puoi descrivermi il tuo ruolo femminile in questo film?
Aurora Sono una ragazza cubana della media sociale, cioè con pochissimi soldi in tasca, e vengo sfruttata da un italiano che campa di truffe a Cuba, perchè meglio avere 2 lire in piu’ che niente! Così aiuto la gente del condominio dove sono cresciuta… che sta messa propio male…
Manuel Come è stato lavorare a Cuba con Brignano e Pannofino?
Aurora In alcuni momenti divertente, in altri meno: alla fine è sempre un lavoro come qualunque altro.
Manuel Un lavoro come qualunque altro…Questa risposta mi piace molto…Qual’era la tua percezione degli italiani e dell’Italia prima di venire in Italia? Sii sincera ed evita il politically correct, siamo tra amici.
Aurora Buona, gli uomini Italiani rispetto gli uomini di altre nazionalità da 1 a 10…sono belli ed eleganti…arriverei a un 8; per cui è piu’ alta della media, per esempio, degli uomini latinoamericani.
Manuel E adesso che sei in Italia?
Aurora La mia percezione degli Italiani in genere ora continua ad essere alta, solo che adesso non mi fermo piu’ alle apparenze. Gli italiani sono molto furbi… Ha! Ha!
Manuel Nel film Fedele decide di rimanere a Cuba. Commenta la scelta. (Oh, suono come la traccia di tema d’italiano liceale)
Aurora Si… Fedele decide alla fine di rimanere a Cuba, come tanti altri Italiani che decidono di rimanere in Sudamerica; la fine del film è solo lo specchio di ciò che succede spesso nella realtà…Gli Italiani adorano i paesi caldi, si innamorano dei posti meravigliosi, della nostra accoglienza, allegria, simpatia, dolcezza, disponibilità, del ballo è delle belle donneeeee! Diciamo che diventa il loro paradiso terrestre! E lo condivido anch’io ha, ha! La qualità di vita dei nostri paesi, almeno della Colombia, non è paragonabile!
Grazie Aurora per questa chiacchierata amichevole e AD MAIORA.
Manuel de Teffé
mdeteffe@me.com
INSIDE THE PASSION – doppia intervista con Fabrizio Vicari / Parte II
Link all’articolo su “L’italiano”
Da bambino, visto un film, sottoponevo mio padre a un puntuale terzo grado per capire come fossero avvenute tecnicamente certe riprese. Cresciuto, la mia curiosità ha preso una piega psicologica, ed oggi, potendo la CGI (Computer-generated imagery) ricreare qualsiasi cosa ci scalpiti in mente, mi attrae molto di più la genesi intima di una scena, le motivazioni del regista dietro a un dolly, la sorprendente interpretazione di un attore secondario in un film di nessun valore…O meglio, come affermava Sydney Lumet…“Mi piacciono tutti quei film che a un certo punto mi stanno dicendo altro da ciò che vedo”.
Questa breve seconda parte di intervista a Fabrizio Vicari, operatore di “The Passion” e uno dei migliori operatori italiani, l’ho volutamente affidata a Pia De Solenni, mia amica giornalista americana, che da donna porrà sicuramente domande che la mia sensibilità di uomo difficilmente formulerebbe. Queste le domande e le risposte, senza cerimoniosità.
Pia de Solenni Durante la scena della flagellazione vediamo il diavolo apparire vestito da donna. E’ chiara la sua presenza denigratoria. C’è stata qualche discussione sul set a proposito di questa scena? Come è stata pianificata?
Fabrizio Vicari La flagellazione è sicuramente la sequenza più inquietante del film di Gibson. Mentre Gesù è sottoposto a indicibili torture sotto gli occhi addolorati della Madre, il diavolo passa alle spalle della piccola folla. E’ incappucciato e porta in braccio un fagotto, che sembra contenere un bambino. Ma quando la testa emerge dalla coperta, appare un nano deforme con uno sguardo diabolico. Mel Gibson, come ci ha spiegato anche sul set, ha voluto far risaltare il contrasto tra la compassione di Maria per il figlio torturato e quella strana maternità rovesciata impersonata da satana. E’ poi molto interessante l’idea di Gibson, emersa credo lo stesso giorno delle riprese, di girare la camminata del diavolo facendo sedere l’attrice su un carrello posto su un binario, dando l’ impressione di un incedere quasi sospeso in aria, e restituendo al personaggio un aspetto soprannaturale ed inquietante.
Pia de Solenni Gibson sembra portare una nuova dimensione della prospettiva femminile nei personaggi di Maria, Maria Maddalena e Claudia la moglie di Pilato…Cosa ne pensi?
Fabrizio Vicari Non so quanto Mel Gibson abbia tenuto conto della storia e della tradizione cristiana, ma la sensazione che costantemente ho avuto durante le riprese del film, é stata la meticolosa attenzione del regista nel delineare con precisione le diverse personalità femminili, molto importanti in questo film. Ad esempio durante la flagellazione, mentre la scena è inondata di sangue la Maddalena piange e si dispera, quasi perdendo il controllo di sé stessa, Maria pur soffrendo pene indicibili, si erge in tutta la sa maternità. E’ l’unica che non perde il senso di ciò che sta accadendo, la sua consapevolezza e presenza continua sostengono e danno forza a Gesù per proseguire nel compimento della sua PASSIONE. Figure di donne titaniche che giganteggiano accanto ai personaggi maschili. E si, per me è stato anche molto interessante come il regista abbia descritto il personaggio di Claudia Procula, la moglie di Ponzio Pilato, interpretata con asciuttezza da Claudia Gerini. Un’altra donna che sfida l’autorità, cercando in tutti i modi di intercedere presso il marito affinché Gesù non venga condannato. Nella successiva tradizione Cristiana Claudia viene proclamata santa.
Pia de Solenni Come ha impattato la tua vita professionale lavorare in questo film ?
Fabrizio Vicari Il maggiore arricchimento professionale ricevuto da questa esperienza è stato lavorare con Caleb Deschanel, il direttore della fotografia del film, con il quale ho avuto un rapporto di stima e rispetto reciproco, che mi ha permesso di ottenere il massimo dal mio lavoro. C’erano sempre 2 o 3 camere in azione, il mio compito in particolare era quello di inquadrare gli attori e l’azione in generale in campi più ravvicinati…e proprio per questo i movimenti di macchina erano affidati al mio istinto più che alla indicazioni di Gibson che dopo ogni ripresa controllava al video ciò che era stato filmato… Qualche volta l’ho visto emozionarsi seriamente ricontrollando il mio girato, e per me questo voleva dire che avevo fatto bene il mio lavoro.
Grazie Pia, grazie Fabrizio, mi avete lasciato con uno/due punti che mi danno materiale nuovo a cui pensare. Alla mia penna, una rapida chiosa. Mi ricordo la tensione durante le riprese di THE PASSION: Gibson aveva quasi finito il film ma non aveva trovato ancora una distribuzione. Nessuno ma proprio nessuno voleva esporsi al lancio di una pellicola così candidamente controversa. Mel l’ubriacone lavorava dunque senza distribuzione e con un attore quasi sconosciuto come protagonista…Ma sprovvisto degli assistenzialismi statali per film di interesse culturale nazionale, libero come il vento e posseduto dal sacro furor dell’arte, credeva nella sua sceneggiatura e il resto è storia. Uno scenario psicologico diametralmente opposto all’italico “vediamo se scattano i finanziamenti”. Does it ring bell Italy? Does it not?
Un saluto a Caviezel, ovunque sia e qualsiasi cosa faccia.
Manuel de Teffé






