Link a “L’italiano” – ( intervista a pag.8 )
Quando uscì “A thin red line”, il primo film che vidi in DVD su un laptop, ebbi la netta sensazione che il protagonista scelto da T. Malick poteva essere l’unico attore al mondo a interpretare in quel determinato momento storico il ruolo di un Gesù moderno. Si chiamava Jim Caviezel, e già dalla sequenza d’apertura della pellicola, aveva messo KO tecnico Sean Penn e il resto del cast. Il suo punto di forza un viso totalmente trasfigurato da inizio a fine Vietnam. Per incredibili giri del destino, vari anni dopo, mi sarei trovato a Cinecittà sul set di the Passion of the Christ, proprio nel camerino di Caviezel durante una pausa prima delle riprese notturne. Abbiamo discusso di cinema, della sua vocazione di attore, di vita e di come anni prima avevo avuto quel misterioso presentimento. Fino a quando due colpi secchi alla porta interrompono la nostra conversazione: è Giuda, con un regalo per Gesù. L attore Lionello / Giuda, senza entrare e con grande deferenza, regalava a Caviezel/Gesù un dipinto realizzato da lui stesso raffigurante il volto martoriato del Cristo. Jim accetta il regalo, arriva la truccatrice, io esco dal trailer, scambio qualche parola con il traditore e per ammortizzare il freddo mi reco nella sezione rinfresco dove bevo una cioccolata calda tra la madonna e san pietro. In lontananza Monica Bellucci sta uscendo da Maria Maddalena a grandi falcate tatuando nell’aria una scia di profumo francese. Arrivo sul set. O meglio entro nella notte della passione. Istantaneamente “the suspension of disbelief” raggiunge un tale apice che sebbene percepisca il ronzio di due cineprese in alto dietro le mie spalle e abbia individuato vari mie amici in ruoli minori tra la folla, non capisco più dove finisce il set e inizia la notte palestinese. Gesù è davanti a Caifa, in catene. Gibson possiede la folla…
Passano altri anni e a Milano, durante le riprese di un film di Gabriele Salvatores, faccio amicizia con Fabrizio Vicari scoprendo in lui uno dei principali operatori di Passion. In questo periodo pasquale, ho pensato di coinvolgere la mia amica americana giornalista Pia de Solenni, in una doppia intervista con Fabrizio, ormai assurto anche al ruolo di produttore avendo fondato da qualche anno la 09 produzioni. 4 domande a testa… Inizio io.
Manuel de Teffé Caro Fabrizio, una delle sequenze che mi hanno colpito di più per la sua lunghezza emblematica è stata quella della flagellazione. Mi puoi spiegare come è avvenuta tecnicamente?
Fabrizio Vicari Mel Gibson è stato duramente criticato, non senza fondamento, per la crudezza e per la meticolosa descrizione dei particolari nella scena della flagellazione di Cristo. Posso dire che anche per quello che mi riguarda è stata un’esperienza che rimarrà per sempre impressa dentro di me. La lavorazione del film è durata 21 settimane, ma già dal primo giorno di lavoro si creò una grande aspettativa perquella scena. Più o meno a metà del periodo della lavorazione del film, finalmente arrivammo a girare la fatidica sequenza che andò avanti per due settimane intere. Ricordo Jim Caviezel talmente immedesimato nel ruolo di Gesù sottoposto al flagello, che allo stop del regista al termine di ogni inquadratura, egli sembrava continuasse a manifestare la sua sofferenza quasi a non voler interrompere quella concentrazione molto vicina ad uno stato di trance. Questa enorme partecipazione emotiva da parte di tutti, mi ha permesso di entrare nello spirito del film non solo di testa ma anche di pancia. Fra gli aspetti tecnici più complicati ci sono sicuramente i numerosi interventi di grafica digitale (SGI) applicati alle nostre riprese durante questa scena, ad esempio i flagelli usati dai soldati romani erano costituiti solamente dal manico di legno, per ovvi motivi, non potendo colpire realmente la schiena di Jim, la parte terminale con gli uncini, e le relative ferite provocate al momento del colpo sono state tutte aggiunte in post-produzione mediante sofisticate tecniche digitali. Quello che invece non è stato aggiunto digitalmente è l’enorme quantità di sangue finto utilizzato per la scena. Ricordo che spesso, noi stessi a fine giornata somigliavamo a dei macellai usciti da un mattatoio in piena attività.
Manuel de Teffé Parlami della crocifissione…
Fabrizio Vicari La crocifissione che conclude drammaticamente il film, al pari della flagellazione, ha rappresentato un altro momento di altissimo coinvolgimento emotivo per il pubblico, e per noi che lo abbiamo girato. La scena è stata girata a Matera nelle prime due settimane di riprese, e conclusa a Roma negli studi di Cinecittà quasi alla fine della lavorazione. La popolazione di Matera ci ha accolto con una certa diffidenza vedendo le loro piazze invase da decine di camion carichi di mezzi tecnici e le mura antiche della città scenografate e trasformate nella Gerusalemme di due millenni fa, ma dopo la nostra partenza, per mesi e mesi i luoghi delle riprese di “ The Passion “ sono stati la meta di moltissimi turisti in visita a Matera. Le difficoltà maggiori per girare questa sequenza sono state: il freddo e la grande fatica dovuta agli orari di lavoro e la gestione di un impianto di lavoro di enormi dimensioni. Le cinque settimane di riprese a Matera sono state girate con tre macchine da presa, solamente il nostro reparto operatori era composto da 14 persone e tutta la troupe contava più di 200 elementi. Per questa sequenza la scenografia scelse di montare le croci su un’ altura dalla quale si poteva godere di una suggestiva vista dei famosi “SASSI DI MATERA”, ma sfortunatamente molto ventosa, e quello stesso vento, ci ha tormentato ogni singolo giorno di lavoro causando difficoltà e pericolo per tutti. Era inverno e faceva molto freddo e la persona che ha sofferto di più in assoluto è stato proprio Gesù, costretto a rimanere per ore sulla croce e anche se confortato da coperte e scaldini nei momenti di pausa, è stato proprio lassù che si è ammalato di bronchite per la prima volta. Nella parte finale della crocifissione, nel momento della morte di Gesù, il corpo di Jim Caviezel appare completamente ricoperto da orrende ferite piene di sangue, tutto questo richiedeva, dovendo girare la scena in più giorni, un grandissimo lavoro per i truccatori, dovendo essi raccordare le ferite (aspetto e posizione sul corpo) ogni giorno nello stesso modo. Caviezel è stato costretto, in quei giorni difficilissimi, ad iniziare il trucco alle 2:30 del mattino per essere pronto a girare alle 8:00. Durante quei giorni difficilissimi sentivo molto la responsabilità del mio ruolo di operatore, ogni mio errore voleva dire dover ripetere la scena e procurare ulteriori disagi a moltissime persone, ma soprattutto al nostro attore. Ricordo che un giorno freddissimo e ventoso, mentre noi tutti indossavamo piumini e giacconi pesanti, Mel Gibson si aggirava sul set con addosso solo una camicia sbottonata sul petto, io mi avvicino a lui invitandolo ad indossare qualcosa di più pesante, e lui mi risponde: “Vedi, Jim sulla croce sta morendo di freddo, io devo fargli coraggio” Ho pensato con ammirazione: “Un vero BraveHeart”.
Manuel de Teffé Avete avuto un momento di particolare difficoltà?
Fabrizio Vicari Il momento più difficile è stato quando siamo stati colpiti da una bufera durante le riprese della crocifissione. Abbiamo cercato di continuare a lavorare, perché la luce era bellissima e il direttore della fotografia Caleb Deschanel voleva approfittare di questa situazione, ma ad un certo momento gli uomini della sicurezza ci hanno costretto ad abbandonare il set, ed è stato in questo momento che abbiamo rischiato la tragedia, perché un fulmine si è abbattuto vicinissimo al set, ed un braccio della saetta ha colpito un assistente alla regia che fortunosamente e inspiegabilmente è rimasto completamente illeso. Ho sentito delle persone dire che c’era stato un miracolo……
Manuel de Teffé Raccontami un momento particolarmente emotivo…anche se immagino sia stato tutto molto toccante.
Fabrizio Vicari Il momento più commovente è stato girare la scena della Madonna che durante la Via Crucis incontra la processione all’incrocio tra due viuzze. Sono rimasto colpito dalla bravura di Maia Morgensten,vedendola recitare attraverso l’obbiettivo c’era da farsi tremare i polsi. E’ forse la parte più toccante del film, perché Maria guardando il figlio cadere sotto il peso della croce, ricorda una sua caduta da bambino. La scena in flashback ritrae la Madonna mentre attinge dell’acqua, e il piccolo Gesù che inciampa e cade. Lei gli corre incontro, lo abbraccia dicendogli: “Io sono qui”. Tornando quindi nella Gerusalemme dell’anno 30, Maria si avvicina di scatto a Cristo a terra sotto la croce , gli prende il viso tra le mani e gli ripete: “Io sono qui” E’ stato bellissimo girare questa scena così intensa con degli attori così bravi.
Bellissima intervista, mi ha davvero commosso ricordare quei magici momenti condivisi sul set più emozionante della mia carriera.