Terrore al Louvre

Photo by Manuel de Teffé

Sono al Louvre, in contemplazione di un quadro “minore” di Leonardo, solo in un corridoio senza vita. Al museo questo pomeriggio non è venuto quasi nessuno, forse sono tutti al ristorante, mentre io scorrazzo indisturbato tra i capolavori. Mi sembra di stare in una sequenza di un film di Kubrick, in un incrocio imprecisato tra Odissea e Shining. Quando a un certo punto si manifestano dietro di me due entità romane di età imprecisata dall’accento pariolino che si scambiano sciocchezze romantiche con imbarazzante nonchalance. Io sto studiando i cromatismi leonardeschi affascinato dal celeste del cielo quando sento che la donna si lamenta per un bacio un po’ troppo ruvido di lui. Nonostante gli sghignazzi che seguono rimango ben ancorato alla grandezza dell’opera. La donna fa la ritrosa e si lamenta del fatto che lui non si faccia mai la barba. Inizio a studiare l’incarnato dell’angelo quando l’uomo esclama: “CIF AMMONIACAL NON GRAFFIA!” E ridacchia greve. A quel punto, dopo 3 secondi di scarto e senza voltarmi, rispondo con voce solenne “CIF AMMONIACAL È POLVERE LIQUIDA!” La coppia ha un sussulto. Io non mi volto, anzi faccio un leggero passo in avanti. “Signore, ma lei è italiano?” Mi domandano preoccupati. Rimango a fissare il quadro impassibile, poi me ne vado senza voltarmi incedendo con passo sostenuto. “Signore ma lei è italiano” Ripete lei urlando. “CIF AMMONIACAL È POLVERE LIQUIDA!” Rispondo da lontano prima di svoltare su un altro corridoio. Penso di averli spaventati. Grande Kubrick, dirige film anche da morto.

Manuel de Teffé

Sì e No: i pilastri della comunicazione. Come abbiamo immobilizzato l’Italia senza utilizzarli.

Gli italiani non li utilizzano, ma

sono il primo motore di un’ economia, la pietra angolare di ogni decisione, la rampa di lancio di tutti i movimenti, hanno effetti domino devastanti e influenzano la vita di miliardi di esseri umani ab urbe condita. E soprattutto, sono infinitamente gratis. Sono il  e il NO:  i pilastri della comunicazione di tutti i tempi. Di ogni tempo, dall’inizio dei tempi.

Ma per gli italiani sono due indecifrabili palle al piede. Perchè noi li pronunciamo  solo dopo aver vilmente vagliato sino all’ultimo qual’è la cosa migliore da fare, quando stizzito il destino ci mette sottosopra  e ci scuote violentemente per obbligarci a una reazione: le cose iniziano a cascarci dalle tasche una dopo l’altra finchè non tonfano involontariamente sul pavimento un Sì o un NO paonazzi, e allora ci rimettiamo in moto iniziando una nuova navigazione a vista parassita.

Perché la verità è che il Sì e il No  danno il meglio di sé nello slancio,  Il Sì e il NO dell’ultimo momento fanno sempre scontare una sorta di pena, non godono dei benefici del SI e NO di primo pelo nei quali dimora un non so chè di glorioso.

Feci la loro conoscenza a New York, 11 anni fa. Ispirato dall’ambiente newyorkese, organizzavo  cene al ritmo di una ogni due settimane. Erano i primi inviti che mandavo via e-mail e le risposte che ricevevo erano solo 2: Sì o No, tertium non datur. Al 70 per cento erano dei SI. Tornato a Roma, continuai la tradizione, ma lentamente mi rendevo conto che le risposte ai miei inviti si libravano su universi paludosi. I Sì e No pieni erano un 30% delle risposte, il 70 per cento era un Maradona imbolsito che faceva finta di palleggiare in un vicolo.  Lo sa bene chi organizza  a Roma una qualsiasi cosa,  evento o dopocena che sia, fino all’ultimo momento non sa mai esattamente su chi contare.  Nel corso del tempo iniziai poi ad accorgermi che alcune risposte ritornavano più di altre, finché  non mi fu chiara una classifica che stilai in Germania in una nevosa sera d’inverno.

Ecco la mia HIT PARADE personale, si intitola:

“ANATOMIA DI UNA RISPOSTA”

Classifica semiseria delle più ricorrenti risposte italiane  a un invito.

1. HO UN MEZZO IMPEGNO

I have half a commitment. E’ un concetto intraducibile e  se ne sta in gran spolvero in cima alla hit. Non ne esiste traccia in nessuna civiltà. Sono due orecchie pelose bianche dall’interno rosaceo che escono fuori da un cilindro. Pensi  sia un coniglio ma in realtà sono solo due orecchie senza corpo.  E’ la prova del nove dell’inattendibilità di una persona.  E’ un cilindro senza speranze. Il quartier generale dei mezzi impegni si trova a Roma, così come il suo cimitero. Nel quartier generale si agitano i mezzi, al cimitero gli impegni. Essi hanno mezze lapidi, hanno avuto mezzi funerali, possono tornare in vita con  mezzo fischio e allora si ricongiungono in amplessi diabolici figliando altri mezzi impegni. Un mezzo impegno è l’ annuncio insapore di un fallimento in fieri. Chi ha dato questa risposta e arriva al tuo invito  non significa che si è lasciato alle spalle il mezzo impegno annunciato perchè quando ti ha risposto alludeva proprio alla tua festa.  Il mezzo impegno fa scopa con

2. FARO’ IL POSSIBILE

Il “mezzo impegno” e “Farò il possibile” sono il gatto e la volpe della comunicazione italiana. Essi si aggirano nella notte come dei falsi businessmen e circuiscono pinocchi. Li intercettano e li fanno vagolare all’infinito facendo intravedere loro una porta perennemente socchiusa. Talmente socchiusa chenteapre.

3.  NON TI PROMETTO NULLA

Spesso si trova in combinazione con “Provo a fare un salto”. Ma non necessariamente, essi possono anche godere vite parallele. Quando però entrano in combutta si trasformano in un mezzo impegno e diventano letali. “Non ti prometto nulla” tocca in Italia i suoi picchi massimi nel mese di Agosto, dove talvolta arriva a insidiare persino “Ho un mezzo impegno”.

4. PROVO A FARE UN SALTO

Infonde tenerezza perché evoca una speranza goffa. Occasionalmente è preceduto da un “Dai”. “Dai, provo a fare un salto.”   Chi pronuncia “Dai” però statisticamente non arriva. Io voglio molto bene a quelli che provano a fare un salto perchè ci ho provato anch’io molto spesso e li capisco. Chi prova a fare un salto di solito ci riesce, quelli che non ci riescono non sono da biasimare:  dai, ci abbiamo provato tutti.

5. CERCO DI LIBERARMI

Da una gratificazione istantanea con retrogusto allappante. E’ un fax che ti arriva da Alcatraz.  Una promessa che mette ansia. Arrivano solo nel 20 per cento dei casi portandosi dietro amici quasi sempre indesiderati.

6. TI FACCIO SAPERE

Questo mi è difficile da commentare perché mi stanno già per cascare le bracc

7. CE LA METTERO’ TUTTA

E’ una action answer. Sono coloro ai quali pensi di più nel periodo che va dal momento dell’invito al giorno della festa stessa. Col pensiero segui involontariamente le loro gesta eroiche per giungere a te.  Arrivano dal Tamigi sul quale hanno sfrecciato in motoscafo per settimane schivando le smitragliate di Maria Grazia Cucinotta.  Chi ce la mette tutta e riesce ad arrivare è inconfondibile: è il semprogno che gronda quel sorriso misuratamente compiaciuto da dietro la vetrata del balcone accennando un invisibile gesto di brindisi quando finalmente lo incroci con lo sguardo. Visto? Ce l’ho fatta. Prosit.

8.

Arrivano nel 55 per cento dei casi.

9. No

Possono non arrivare sul serio.

10.  SONO INCASINATISSIMO

Più che una risposta è una riflessione sullo stato. E’ il mezzo impegno che getta la maschera e fa un’esame di coscienza. Pericoloso cercare di capire perché sono incasinatissimi, accettarlo e basta.

MENZIONE D’ONORE

Et voilà. La classifica termina qui, ma c’è una menzione d’onore che spetta non a una risposta ma alla controdomanda per eccellenza: CHI VIENE? Sono quelli che sondano continuamente, che se potessero manderebbero  in avanscoperta qualcuno anche al ricevimento del proprio matrimonio, magari la propria moglie, per farsi dire chi c’è. E per finire, non si trova nella classifica perchè accade molto di rado, né gode della menzione d’onore perché mi provoca una certa inquietudine: IL SILENZIO. Sono coloro i quali non rispondono. Interpellati 1, 2, 3 volte, non danno risposte. Li incontri per caso in strada e domandi loro se hanno mai ricevuto quell’invito. Annuiscono con un sorriso e parlano d’altro mentre ti viene la pelle d’oca.

In Italia quando si fa un invito  è come se si rendesse dunque la vita difficile agli altri che impegnati a fare il possibile senza prometterti nulla proveranno a fare un salto cercando di liberarsi e che, comunque, ti faranno sapere  se Sì o se No, perché sebbene siano incasinatissimi o abbiano già un mezzo impegno stai sicuro che ce la metteranno tutta.

Così quando a Roma mi viene in mente di organizzare una festa e invitare qualcuno immagino sempre una versione impacciata di Houdini dentro una camicia di forza, avvolto da catene e rinchiuso in un baule sigillato in fondo al mare. L’uomo che vedo ha il conforto di un unico gingillo: un iphone sempre acceso che sfoglia con la punta del naso. Di quando in quando arriva un sms con un invito a una cena. In quel momento, senza un’ espressione particolare in viso, l’uomo inizia ad agitarsi come un ossesso .

la mia domanda è: ce la metterà tutta?

La conclusione è che in terra italica mandare inviti  è come spedire segnali morse nella nebbia: solo qualcuno li saprà interpretare. AMICI MIEI.

Per il nuovo anno vi voglio augurare tanti SI e tanti NO. Saranno la segnaletica più imponente del 2012. C’è un che di glorioso nel Sì e No di primo pelo, sono statuari, nel bene e nel male. Non abbiate paura, bene usati e velocemente possono sfracellare i Maya e rimettere in moto l’economia. Ogni economia.  Smuovono Mari e

Buon Natale.

Buon anno!

Manuel de Teffé

P.S.  Da ora in poi,  quando inviterete qualcuno, per qualsiasi cosa, potete allegare questo articolo. Tutte le scuse sono state mappate.