Sì e No: i pilastri della comunicazione. Come abbiamo immobilizzato l’Italia senza utilizzarli.

Gli italiani non li utilizzano, ma

sono il primo motore di un’ economia, la pietra angolare di ogni decisione, la rampa di lancio di tutti i movimenti, hanno effetti domino devastanti e influenzano la vita di miliardi di esseri umani ab urbe condita. E soprattutto, sono infinitamente gratis. Sono il  e il NO:  i pilastri della comunicazione di tutti i tempi. Di ogni tempo, dall’inizio dei tempi.

Ma per gli italiani sono due indecifrabili palle al piede. Perchè noi li pronunciamo  solo dopo aver vilmente vagliato sino all’ultimo qual’è la cosa migliore da fare, quando stizzito il destino ci mette sottosopra  e ci scuote violentemente per obbligarci a una reazione: le cose iniziano a cascarci dalle tasche una dopo l’altra finchè non tonfano involontariamente sul pavimento un Sì o un NO paonazzi, e allora ci rimettiamo in moto iniziando una nuova navigazione a vista parassita.

Perché la verità è che il Sì e il No  danno il meglio di sé nello slancio,  Il Sì e il NO dell’ultimo momento fanno sempre scontare una sorta di pena, non godono dei benefici del SI e NO di primo pelo nei quali dimora un non so chè di glorioso.

Feci la loro conoscenza a New York, 11 anni fa. Ispirato dall’ambiente newyorkese, organizzavo  cene al ritmo di una ogni due settimane. Erano i primi inviti che mandavo via e-mail e le risposte che ricevevo erano solo 2: Sì o No, tertium non datur. Al 70 per cento erano dei SI. Tornato a Roma, continuai la tradizione, ma lentamente mi rendevo conto che le risposte ai miei inviti si libravano su universi paludosi. I Sì e No pieni erano un 30% delle risposte, il 70 per cento era un Maradona imbolsito che faceva finta di palleggiare in un vicolo.  Lo sa bene chi organizza  a Roma una qualsiasi cosa,  evento o dopocena che sia, fino all’ultimo momento non sa mai esattamente su chi contare.  Nel corso del tempo iniziai poi ad accorgermi che alcune risposte ritornavano più di altre, finché  non mi fu chiara una classifica che stilai in Germania in una nevosa sera d’inverno.

Ecco la mia HIT PARADE personale, si intitola:

“ANATOMIA DI UNA RISPOSTA”

Classifica semiseria delle più ricorrenti risposte italiane  a un invito.

1. HO UN MEZZO IMPEGNO

I have half a commitment. E’ un concetto intraducibile e  se ne sta in gran spolvero in cima alla hit. Non ne esiste traccia in nessuna civiltà. Sono due orecchie pelose bianche dall’interno rosaceo che escono fuori da un cilindro. Pensi  sia un coniglio ma in realtà sono solo due orecchie senza corpo.  E’ la prova del nove dell’inattendibilità di una persona.  E’ un cilindro senza speranze. Il quartier generale dei mezzi impegni si trova a Roma, così come il suo cimitero. Nel quartier generale si agitano i mezzi, al cimitero gli impegni. Essi hanno mezze lapidi, hanno avuto mezzi funerali, possono tornare in vita con  mezzo fischio e allora si ricongiungono in amplessi diabolici figliando altri mezzi impegni. Un mezzo impegno è l’ annuncio insapore di un fallimento in fieri. Chi ha dato questa risposta e arriva al tuo invito  non significa che si è lasciato alle spalle il mezzo impegno annunciato perchè quando ti ha risposto alludeva proprio alla tua festa.  Il mezzo impegno fa scopa con

2. FARO’ IL POSSIBILE

Il “mezzo impegno” e “Farò il possibile” sono il gatto e la volpe della comunicazione italiana. Essi si aggirano nella notte come dei falsi businessmen e circuiscono pinocchi. Li intercettano e li fanno vagolare all’infinito facendo intravedere loro una porta perennemente socchiusa. Talmente socchiusa chenteapre.

3.  NON TI PROMETTO NULLA

Spesso si trova in combinazione con “Provo a fare un salto”. Ma non necessariamente, essi possono anche godere vite parallele. Quando però entrano in combutta si trasformano in un mezzo impegno e diventano letali. “Non ti prometto nulla” tocca in Italia i suoi picchi massimi nel mese di Agosto, dove talvolta arriva a insidiare persino “Ho un mezzo impegno”.

4. PROVO A FARE UN SALTO

Infonde tenerezza perché evoca una speranza goffa. Occasionalmente è preceduto da un “Dai”. “Dai, provo a fare un salto.”   Chi pronuncia “Dai” però statisticamente non arriva. Io voglio molto bene a quelli che provano a fare un salto perchè ci ho provato anch’io molto spesso e li capisco. Chi prova a fare un salto di solito ci riesce, quelli che non ci riescono non sono da biasimare:  dai, ci abbiamo provato tutti.

5. CERCO DI LIBERARMI

Da una gratificazione istantanea con retrogusto allappante. E’ un fax che ti arriva da Alcatraz.  Una promessa che mette ansia. Arrivano solo nel 20 per cento dei casi portandosi dietro amici quasi sempre indesiderati.

6. TI FACCIO SAPERE

Questo mi è difficile da commentare perché mi stanno già per cascare le bracc

7. CE LA METTERO’ TUTTA

E’ una action answer. Sono coloro ai quali pensi di più nel periodo che va dal momento dell’invito al giorno della festa stessa. Col pensiero segui involontariamente le loro gesta eroiche per giungere a te.  Arrivano dal Tamigi sul quale hanno sfrecciato in motoscafo per settimane schivando le smitragliate di Maria Grazia Cucinotta.  Chi ce la mette tutta e riesce ad arrivare è inconfondibile: è il semprogno che gronda quel sorriso misuratamente compiaciuto da dietro la vetrata del balcone accennando un invisibile gesto di brindisi quando finalmente lo incroci con lo sguardo. Visto? Ce l’ho fatta. Prosit.

8.

Arrivano nel 55 per cento dei casi.

9. No

Possono non arrivare sul serio.

10.  SONO INCASINATISSIMO

Più che una risposta è una riflessione sullo stato. E’ il mezzo impegno che getta la maschera e fa un’esame di coscienza. Pericoloso cercare di capire perché sono incasinatissimi, accettarlo e basta.

MENZIONE D’ONORE

Et voilà. La classifica termina qui, ma c’è una menzione d’onore che spetta non a una risposta ma alla controdomanda per eccellenza: CHI VIENE? Sono quelli che sondano continuamente, che se potessero manderebbero  in avanscoperta qualcuno anche al ricevimento del proprio matrimonio, magari la propria moglie, per farsi dire chi c’è. E per finire, non si trova nella classifica perchè accade molto di rado, né gode della menzione d’onore perché mi provoca una certa inquietudine: IL SILENZIO. Sono coloro i quali non rispondono. Interpellati 1, 2, 3 volte, non danno risposte. Li incontri per caso in strada e domandi loro se hanno mai ricevuto quell’invito. Annuiscono con un sorriso e parlano d’altro mentre ti viene la pelle d’oca.

In Italia quando si fa un invito  è come se si rendesse dunque la vita difficile agli altri che impegnati a fare il possibile senza prometterti nulla proveranno a fare un salto cercando di liberarsi e che, comunque, ti faranno sapere  se Sì o se No, perché sebbene siano incasinatissimi o abbiano già un mezzo impegno stai sicuro che ce la metteranno tutta.

Così quando a Roma mi viene in mente di organizzare una festa e invitare qualcuno immagino sempre una versione impacciata di Houdini dentro una camicia di forza, avvolto da catene e rinchiuso in un baule sigillato in fondo al mare. L’uomo che vedo ha il conforto di un unico gingillo: un iphone sempre acceso che sfoglia con la punta del naso. Di quando in quando arriva un sms con un invito a una cena. In quel momento, senza un’ espressione particolare in viso, l’uomo inizia ad agitarsi come un ossesso .

la mia domanda è: ce la metterà tutta?

La conclusione è che in terra italica mandare inviti  è come spedire segnali morse nella nebbia: solo qualcuno li saprà interpretare. AMICI MIEI.

Per il nuovo anno vi voglio augurare tanti SI e tanti NO. Saranno la segnaletica più imponente del 2012. C’è un che di glorioso nel Sì e No di primo pelo, sono statuari, nel bene e nel male. Non abbiate paura, bene usati e velocemente possono sfracellare i Maya e rimettere in moto l’economia. Ogni economia.  Smuovono Mari e

Buon Natale.

Buon anno!

Manuel de Teffé

P.S.  Da ora in poi,  quando inviterete qualcuno, per qualsiasi cosa, potete allegare questo articolo. Tutte le scuse sono state mappate.

18 thoughts on “Sì e No: i pilastri della comunicazione. Come abbiamo immobilizzato l’Italia senza utilizzarli.

  1. concordo – io appartengo ad un’altra categoria – a volte mi dimentico persino di rispondere si o no … sto diventando autistico… accade in una certa fase della vita, quando ci si comincia a distaccare dal mondo cui si è pensato a lungo di appartenere e di essere parte integrante – nota bene, mi dimentico di rispondere a professori, politici o avvocati, non ai vecchi amici – salvo essere magari in aereo o in un aeroporto o alle prese con qualche operazione del secolo, per cui tutto può accadere – ma concordo con te, che dai nostri connazionali non saprai mai la risposta fino a due minuti prima di iniziare la cena – anzi ti diro’ di piu: c’è una ulteriore categoria, dal lato dell’offerta. Di recente atterrato in Italia dopo circa un anno sono stato invitato ad una cena alle 11 del mattino per la sera stessa (ma la cena era gia stata ventilata piu volte mentre ero ancora a Londra), ho detto di sì alle 11.30, e alle 11.45 mi hanno mandato l’sms per dirmi che la cena era annullata, senza aver organizzato nulla per quella sera … c’è anche quest’altra ipotesi che non hai tenuto in considerazione : ) un abbraccio – Pier

  2. Esiste anche la gamma delle scuse mediche e socio-politiche: ho il prolasso delle meningi, l’influenza suina, devo fare la blefaroplastica proprio nel week end, mia figlia e’ in sala parto, devo prendere l’aereo militare per schivare un golpe dei Fratelli Musulmani in Lybia, ho 3 convegni durante la stessa serata…
    L’indeterminatezza nell’accettare inviti rispecchia lo spirito della Nazione: l’opportunismo e la servitu’ mentale nel provare a saltare al volo sulla carrozza del vincente di turno. Complessi calcoli mentali che farebbero impallidire anche i piu’ esperti book makers britannici!
    Resto fedele allo spirito della spagnettata improvvisata a mezzanotte: chi c’e’ c’e’!

  3. SI, SI, SI…L’ho letto. Ed è grandioso. Complimenti! Lo aggiungerò ai miei inviti personali con box da sbarrare nelle risposte: “Segna la tua risposta…provvisoria” o aggiunge NON SO/NON RISPONDE.

  4. Esilarante parodia della realtà tragicomica della nostra generazione.   p.s. Meno male che mercoledi scorso mi sono “salvata” pronunciando un secco “SI” a un invito…prova superata! 🙂

  5. Non sono d’accordo con questa costante esigenza di un SI, oppure di un NO.
    Penso che, ogni tanto, sia proprio un privilegio lasciarci delle possibilitá in aperto!

    Per caso dobbiamo per forza, avere il controllo sopra tutte le cose? Mi piace l’idea di dare libertá di scelta agli invitati!

    Perché dire di non, se per fortuna abbiamo la possibilitá di cambiare la testa o di trovare un mezzo di arrivare?

    Se la persona che invita ha bisogno di una risposta definitiva, basta esplicitare che l’invito é un RSVP.

    Se la mancanza di impegno non é buona, ancora meno lo é l’eccesso di rigiditá!
    😉

    (Ps. Sono brasiliana!)

    1. E infatti non è applicabile alla cultura brasiliana, che è un mondo nuovo e più giovane. L’esempio della festa è la punta di un iceberg, la mancanza di chiari Sì e chiari No si estende anche e smisuratamente a molti altri ambiti. Hai ragione per quanto riguarda il RSVP ma ancora non è preso molto sul serio…Serà que a gente um dia vai dar um jeito?

  6. “è un fax che ti arriva da alcatraz” . . .son 90 secondi che non riesco a chiudere la bocca, in pratica ho una paresi facciale epr le risate che mi sto facendo…beh se non è un buon inizio di 2012 non so che altro serve, Berlusconi in tutu alla scala (al di la del fatto che sarebbe patetico) non potrebbe essere più esilarante!!!! piero . . un romano doc!

  7. Ogni qualvolta mi imbatto nel bivio della comunicazione si/no, affermazione/negazione vengo subito colto, da buon italiano, dalla tremenda tentazione di sfuggire alla scomoda sensazione di dover essere costretto ad esprimermi.
    Culturalmente, non mi sento forse sufficientemente preparato per poter reggere sia psicologicamente che materialmente le conseguenze di una presa di posizione in un senso o nell’altro.
    Ora, è qui sta il bello, se è vero, come recita il vangelo che “la verità ci rende liberi” è altrettanto vero che la mezza verità o la non risposta rende schiavi. Tutte le non-risposte, evasive, pretestuose e distorte sono il segnale di una mentalità non trasparente.
    La negazione o l’affermazione ci portano allo scoperto. Non tutti amano questa sensazione. La nudità spaventa per cui tanto vale rimettersi addosso un bel cappotto di scuse e mezze misure. In “medio stat virtus” dicevano i latini ma non si può NON negare o NON affermare. La NON comunicazione è stallo allo stato puro. Una NON nascita è una NON morte porta ad una NON vita.
    Mi auguro che la gente impari sempre a dire apertamente si o no perché la sensazione che ne deriva è unica ed irripetibile proprio come uniche ed irripetibili sono le nostre esperienze.
    Vi lascio con qualche altro tormentone che sento spesso dire da coloro che vogliono sfuggire alle domande:
    1) “ne possiamo parlare un’altra volta”
    2) “non si può generalizzare”
    3) “occorre contestualizzare”
    4) “vorrei fare una premessa”
    5) “ora sono impegnato ma ne riparliamo magari dopo”

  8. Recentemente mi sono sentito dire un’altra risposta superlativa “farò un salto sul tardi”…
    Me li immagino il giorno del loro matrimonio raggiungere trafelatissimi la propria moglie mentre distribuisce bomboniere all’uscita del ricevimento…
    Saved by the corner….(non traduco per pudore)
    Con stima ed affetto.
    Valerio

    1. Farò un salto sul tardi” è parente stretto e più affidabile di “Provo a fare un salto”. Nella mia esperienza chi fa un salto più tardi lo fa veramente tardi, e ti viene voglia di rifargli fare subito un salto indietro. Grazie Valerio per questa precisazione. Farò un aggiornamento, anzi una precisazione alla hit. Mi era sfuggito.

  9. Rido. Ma il retrogusto della risata è amaro. Con ironia hai messo a nudo non solo la difficoltà di organizzare un evento, quanto una delle difficoltà più diffuse oggi: quella di poter contare sugli altri in modo certo. Il post mi è piaciuto ancor più perchè anche a me non piacciono le persone che non prendono posizione nella vita, cavoli, nemmeno per dire un sì o un no ad un invito.
    Certo, siamo d’accordo che la stessa posizione può cambiare per cause di forza maggiore o semplicemente perchè si cambia idea. Ma il non avere il “coraggio” di prendere una posizione certa in un determinato momento, molto spesso cela solo la volontà di non voler prendersi alcuna responsabilità, anche fosse quella di sì o no. Tutto ciò è un pò triste… e se c’è una cosa che è peggio, è l’atteggiamento di chi aspetta fino all’ultimo per scegliere di dire sì o no, solo per aspettare di capire cosa è più conveniente. Se nella vita si fanno solo calcoli senza scelte vere, credo che si perda tanto del senso della vita stessa, di noi stessi. Del rispetto della nostra stessa volontà.
    Carla

    1. Recentemente ho però scoperto che questo retrogusto per amaro che possa essere ha una sua retrovia misteriosa nella quale sguazza un immenso senso di liberazione: quello di aver detto la verità. Fai una passeggiata in questa retrovia, ne vale la pena!

  10. Wow. Complimenti. È proprio una fotografia. Bisogna aggiungere il pericolo del contagio. Anche se provengo di una cultura del si-si, no-no, ammetto che pure io ci casco…

  11. Sono rimasto di stucco: è completamente vero, soprattutto nella città eterna!
    Complimenti, perché ci hai fatto riflettere…. e ridere assai!
    Lo userò per il mio lavoro, prometto!

  12. ma è solo un problema di semiotica:

    ho un mezzo impegno: ho detto la stessa cosa a 10 amici, all’ultimo momento deciderò chi mi sta più simpatico dei 10

    farò il possibile/ non ti prometto nulla/ provo a fare un salto/ cerco di liberarmi/ ti faccio sapere/ ce la metterò tutta: se proprio non ho niente di meglio da fare, vengo

    comunque io sono arrivato al SI/NO dopo essermi trasformato gradualmente in un personaggio di Woody Allen, inclusi anni di analisi: non ti crucciare per i nostri concittadini 🙂

    io comincerei ad includere negli inviti una citazione biblica, piuttosto:
    Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno.
    Matteo 5, 37

    avrebbe effetto anche sugli anticattolici come me 🙂

  13. Caro Manuel, quante volte ho sentito anch’io tutte queste belle risposte con mezzi impegni, promesse non mantenute e scuse poco perdonabili, quando io – da buona Austriaca – mi premurai di organizzare qualche invito durante i miei tempi romani…ma poì mi abituai a questa maleducazione dei Romani e cominciai a fare lo stesso: “Do in Rome as the Romans do!” E non mi sono più arrabbiata con loro ma ho preso la situazione come veniva…con un buon senso di humor.
    Purtroppo mi sono riportata queste e altre cattive abitutidini a Vienna con il risultato che qui la polizia mi ferma o i passanti mi fischiano, quando attraverso la strada con il semaforo rosso… e non mi invitano più quando non do una risposta definitiva “si” o “no” ad un invito…questa è la mia tragedia. Mi sono troppo abituata al “Roman way of life” e un pò mi manca, sinceramente…

  14. Bravo Manuel,
    come lituana – penso che gli italiani danno tutte queste risposte per due motivi : 1) perchè in fondo sono buoni, quindi rispondere “NO” all’invito suona un pò come dire ad una donna che “non è bella”. Quindi la gente tende a dare risposte più accetabili tipo “carina, intelligente, forse”, che sdramatizzano la situazione… . 2) il secondo motivo é molto italiano – la volontà di non prendere mai posizioni definite, bensì di lasciarsi sempre una porta aperta – chissà può essere sempre utile.;)) Con il “NO” o “SI” si prende una posizione e non tutti hanno il fegato di farlo;). Come ti dicevo l’altra volta -il cartoon “the italians” che gira su youtube rispecchia molto la mentalita della gente italiana. In questo caso voglio ricordare la situazione in cui si fanno vedere le elezioni politiche – generalmente in altri paesi quando vince partito A, il partito B esce dalla vita politica o gioca un ruolo marginale. In Italia quando vince il partito A, la gente del partito B si associa al partito A – volendo in qualche modo fregare il destino ed uscire dal gioco anche loro da vincitori. Applicando lo stesso ragionamento alle risposte che si danno quando si invita a cena qualcuno, si puo facilmente capire la motivazione di queste risposte.
    Adoro la gente educata e sensibile, tuttavia per quanto riguarda una risposta all’invito preferirei il chiaro “si” o “no”. Perchè dietro ogni “si” o “no” c’e una valanga di azioni da fare e decisioni da prendere (organizzare una cena per 2 o per 10 persone, fare la spesa per tanti o nessuno etc.) e la persona che invita preferisce sicuramente la certezza su quanta gente andrà alla cena. Non chiedo mai risposte positive, bensì solo risposte certe.

    Detto questo – amo l’Italia e gli Italiani.

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