Qualche anno fa, alla presenza di numerosi testimoni oculari mi sono cimentato in un numero ai limiti delle possibilità umane: HO FATTO SPARIRE UN DIVANO LETTO nella grande sala di “Poltrone e Sofà, a Roma, un esercizio di prestidigitazione quantica che ho improvvisato con la freddezza dei grandi professionisti e che ha dato i seguenti fulminei risultati: 1) la reverenza permanente del padrone del centro commerciale, 2) le risa convulse delle venditrici romane, 3) l’elezione definitiva a “questo è davvero il mio papà” di mia figlia. In un accesso di generosità estiva ho deciso di rivelare il modo in cui resi invisibile quel divano gigante, affinché anche voi, vessati da cerimoniosi venditori, ne possiate venire a capo a testa alta eseguendo con catartica nonchalance il numero che sto per svelare.
“Come far sparire un divano sotto gli occhi di tutti”.
Entrato col proposito di comprare un divano letto nel tempio dei divani, tenendo per mano due piccole trecce rosse profumate, fui immediatamente affiancato con prosopopea asfittica da una marketer senza espressione che iniziò ad enumerare pregi e caratteristiche di ogni cosa lambita dal mio sguardo, fino a profondersi in un poema apologetico non appena intuì che avevo individuato, insieme a mia figlia, l’unica cosa che avrei potuto per eleggere ad acquisto.
La venditrice, marcatrice a uomo dalla loquacità urticante, mi mise subito alle corde con un ossequioso sconto ad personam, una consegna lampo in tre giorni, e l’omaggio di un cuscino di un velluto rosso extra large. Meditabondo, stavo assorto nella visualizzazione di quel comodissimo divano posizionandolo idealmente in differenti punti della casa… ma le mie congetture andarono in fumo quando ricevetti un uppercut al buon senso che suonò più o meno così: “Signore, questo divano letto è l’ultimo”.
“L’ultimo”.
Ecco, di solito, quando mi appresto a comprare qualcosa e sento che è l’ultima cosa rimasta, questo infantile senso di pressione inflittomi non accelera mai la mia decisione in merito, ma la cristallizza alle calende greche. “Sa, è l’ultimo, questi volano via come il pane”. Rincarò la commessa. “Guardi, ci vorrei pensare un po'” Risposi stanco. “Mi faccio un giro e ci penso un attimo”. “Ma signore, vedo che anche a sua figlia piace molto, questo è davvero l’ultimo pezzo… questo quando ritorna non lo troverà più: è l’ultimo”.
Ero seduto su quel divano letto come tutti i Rocky al penultimo round, a testa bassa, con accanto la mia piccola di sette anni, subendo gli affondi implacabili di un androide biondo dalle frasi fatte. “Signore, mi creda, i prossimi che lo vedranno se lo porteranno via. Non è vero Elisa?” Si accostò alla prima donna un’altra ancora più solerte nel corroborarne le tesi, mentre io continuavo a subire tutta l’ultimità di quel divano. Fu in quel momento in cui spinsi in avanti la mia piccola seduta vicino, come per invitarla ad alzarsi e a lasciarmi solo nella lotta, volsi lo sguardo verso la signora e sorridendole un sorriso inutile mi avventurai in un: “Non si preoccupi. Questo divano letto non lo vedrà nessuno”. Questa, fu più o meno la frase che mi sentii dire sovrappensiero, una frase piombata come assist inaspettato dalle retrovie della mia fantasia.
Le commesse bofonchiarono convenevoli di disappunto, mentre io mi ergevo spiegando il mio metro e novanta con vigile parsimonia, così da poter prendere tempo ed escogitare qualcosa per mandare in gol la misteriosa sortita. Guardai mia figlia a qualche metro di distanza e rovistai nella sua immaginazione, quando fui accoltellato da un successivo “Questo divano se lo compreranno subito”. Vidi allora la mia mano infilarsi dentro la giacca e uscirne con un niente che mostrai con virile sicurezza alle signore. “Non si preoccupi… Vedete, questo che ho in mano è uno spray speciale, è magico. Se lo spruzzo le cose diventano invisibili. Lo porto sempre con me per queste occasioni. Adesso lo irroro su questo divano così lo farò sparire per un po’ e nessuno lo vedrà più. Tssss…Tsss…Tsss…” Iniziai dunque a spruzzare con metodo lo spray magico su tutto il perimetro del divano, premendo a intervalli regolari il dito indice su un pulsante immaginario. “Tsss… Tsss… Tsss…” La prima commessa, in un primo tempo attonita, fu subito presa da un risolino convulso al quale si unì presto anche la seconda collega che mi scrutava con interesse. Andai avanti serissimo per 10 secondi senza guardare nessuno, il tempo che mi ci volle per passare lo spray su tutto il perimetro del divano letto. Mia figlia irradiava gioia orgogliosa. Quindi lanciai alle donne l’occhiata della complicità definitiva . “Ecco, adesso il divano è invisibile, non lo vedrà nessuno e nessuno lo potrà più comprare. No worries.”Poi, cercando la sponda di mia figlia di sette anni: “Tu lo vedi, amore?” La piccola fu presa in contropiede ma fece un micidiale canestro che spiazzò tutti, me per primo. “No papà. Non vendo niente.” Sancì con purezza inappellabile facendomi saltare dall’orgoglio tutti i bottoni dalle asole.
Figlissima.
Salutai le signore invitandole ancora a non preoccuparsi: il loro ultimo divano era sparito e, sottratto allo sguardo dei successivi avventori, ne avrei potuto meditare l’acquisto in santa pace nei giorni successivi. Mi smarcai dunque dalle venditrici lasciandomi alle spalle quel catafalco che non avrei mai comprato e la tristezza di logore tecniche di appioppo, quando fui richiamato sull’uscio da un’ imperiosa voce maschile. “Mi scusi, l’invisibilità quanto dura?” Mi bloccai timoroso. “Due settimane papà. Dì due settimane.” Sussurrò mia figlia divertitissima tirandomi per un braccio. Mi voltai, a metà del negozio il padrone del locale con accanto le commesse, aspettava una risposta come uno 007 tra le sue girls. “Circa 2 settimane”. Riferii con precisione.
Mentre attraversavo la strada e intuivo tutti pensieri dello stato maggiore di “Poltrone e sofà” al quale avevo fatto saltare in aria l’arsenale di tecniche marketing anteguerra col mio spray invisibile, notai che mia figlia mi stava guardando con un’ ammirazione nuova.
Allungai il passo felice, mentre sull’altro lato del marciapiede, dietro un’altra vetrina, stavo già adocchiando uno splendido divano bianco. “Se è l’ultimo, faccio sparire anche questo.” Pensai tra me e me incedendo vittorioso. In quella splendida giornata invernale avrei reso invisibili altri 3 divani letto in 3 negozi differenti gettando nel panico mezza via Gregorio VII.
Negli anni successivi ho perfezionato e raffinato la “Tecnica dello spray invisibile” come una preziosa arte marziale da tramandare ai miei amici. Ecco, ora abbiate il coraggio di usare questo spray: ve lo regalo, usatelo con vigile parsimonia. È vostro: niente sarà più ultimo come prima.
P.S. Per chi fosse interessato, a Roma in questi giorni, in via Cola Di Rienzo, c’è un bellissimo completo di lino blu al piano inferiore di David Saddler. È invisibile.
Manuel de Teffé