Il crepuscolo degli intrallazzi: prove generali di terza repubblica – “Da una società feudale a un’economia di relazione” – VI parte

Se la Prima Repubblica ha avuto come marchio di fabbrica la liturgia del sussurro in reazione a un ventennio autoritario, la Seconda una platealità esasperata per affrancarsi da tergiversanti fruscii, ed entrambe l’inciucio trasformista come minimo comun denominatore, la Terza Repubblica ha già battutto il gong alla Leopolda di Firenze venerdì scorso dove, in una maratona di tre giorni, un centinaio di persone di varie età ed estrazioni si sono alternate su un ” very cosy stage”, proponendo ognuna e per 5 minuti, SOLUZIONI ai problemi generati da questi due mostri. La manifestazione-evento è stata battezzata Big Bang, bing banger il sindaco di Firenze Matteo Renzi, che non maledirò con l’aggettivo giovane perché sul termine “IGIOVANI” ho già lanciato un’OPA.

Per la prima volta nella storia politica italiana e, sospetto anche mondiale, un evento poco politically correct e molto politically normal ha basato la sua strategia su un’economia di relazione avanzata e trasversale: si seguiva in streaming su una pagina web, mentre su altre due si poteva partecipare Cinguettando o commentando Faccialibro. Tutte le soluzioni proposte sono state poi riassunte in 100 punti, non dogmatici ma suscettibili a modifiche, un semplice promemoria generale messo lì su internet, che tra i pettegolezzi di Yahoo, gli  al lupo al lupo di blogger cospirazionisti e le autocondivisioni in bacheca dei pensieri a salve di Coelho, come si dice a Roma, ci stanno tutti.

Magari qualcuno ha già detto le stesse cose, magari qualcuno sta dicendo le stesse cose, magari questi punti sono la scoperta dell’acqua calda, sempliciotti, retorici e stucchevoli come gli oratori che gli hanno sparati.  Ma sfugge la novità: questi punti sono stati scritti e adesso hanno un posto, sono visibili e trasparenti, issati in alto come una bandiera bianca sul campo di battaglia. Non sono diventati un libro e non si sono ancora rinchiusi nell’opuscolo del programma di partito. Stanno lì pieni di refusi e ridondanze, ma ci stanno. E la parola scritta, messa in alto su un punto visibile, in modo ordinato e permanente, crea un certo fascino, provoca una certa esistenza. Ti osserva. E per le mirabolanti leggi della fisica quantistica, influenza l’osservato.

Ma questo sfugge ai più e, “Arte di avere ragione” di Shopenauer alla mano, si preferisce ballare il TIP TAP davanti alla storia e buttarla in caciara, sminuire e affermare: è già stato detto. Ma è stato già proposto. Si vabbè, ma lo abbiamo già sentito.

La sensazione generale  è invece che la politica sia uscita dopo 70 anni dal feudo dei professionisti della politica, che si stia facendo un picnic a piedi nudi nel parco guardandosi attorno per vedere a chi passare la palla, che dopo i tempi dell’ autorità, il regno dei sussurri e i numeri da one man show, adesso, come direbbe il mio amico Federico, senta il momento di giocare in scioltezza. Mia madre era sì indignada, perché di padre spagnolo, crocerossina volontaria durante il terremoto nel Belice, ma durante l’indignamento operava soluzioni…E tutta l’indignazione del mondo ( sparì una quantita ingente di denaro mandato in soccorso ) non le impedì di spostare quelle pietre. Come dire, il suo indignamento era direttamente proporzionale al suo intervento chirurgico in loco, alle soluzioni che metteva in campo.

Lo sbaglio clamoroso,  è invece  una certa traiettoria giornalistica a commento dei fatti di questi anni, che ultimamente sta commettendo la stessa svista. Per un’aberrante concezione delle regole di mercato, non si commenta più il fatto in sé stesso e le sue conseguenze, ma la percentuale di consensi di chi ha fatto avvenire il fatto. Si è spostato l’occhio di bue dalla guerra in Irak al consenso interno di Blair e Bush, dalle conseguenze degli errori del primo ministro al consenso del primo ministro che cresce o cala, dall’uccisione di Gheddafi ai consensi che ne trarrà Obama sull’elettorato americano in preparazione alla seconda candidatura presidenziale; sintetizzando: dallo studio degli effetti sulla società di uno scandalo, misfatto o atto eroico, si è passati all’analisi dell’effetto che esso genererà sull’opinione pubblica nei confronti del suo protagonista …….Non è diabolico? Come dire: LA MISURAZIONE DEL CONSENSO ALTRUI HA SOSTITUITO LA TRAIETTORIA DELLA STORIOGRAFIA.

Ergo: dal Big Bang della Leopolda quanti consensi avrà Renzi? Proposta:  E se invece impiegassimo il tempo che utilizziamo come detrattori o incensatori dei politici di turno per mettere invece in campo una strategia di soluzioni e di confronto delle soluzioni? Se ogni giornale dedicasse una pagina permanente di soluzioni per l’Italia? Una pagina che stesse lì, sempre presente, perchè ormai i problemi sono veramente troppi e non ce li ricordiamo più?  ITALIAN SOLUTIONS FOR DUMMIES? Non solo denunce ma soluzioni pragmatiche. Una Get Things Done cartacea.

Hai 5 minuti, elenca cosa non ti va e abbozza una soluzione, ma  levati perfavore il cappio dell’originalità a tutti i costi.

Ecco i miei punti in ordine sparso, banali e insulsi, non si arrogano la missione di salvare la patria, ma è ciò che mi viene in mente adesso.

1) Si spalanca una srl con 500 euro, via il dazio ai notai. 2) Treno Roma-Milano seconda classe 45 euro invece che i surreali 90 iuri 3) La panca di ferro bianco alle fermate d’autobus a Roma è una beffa, esula dall’anatomia terrestre: allunghiamola e rendiamola in grado di far sedere la gente. Lo so, è un punto idiota, ma provate ad andare a Roma a sedervi al freddo su 10 centimetri e ditemi se anche questo non denuncia assenza di relazione tra il cittadino e il gestore della cittadinanza 4) Ridimensionamento del business delle multe alle macchine: non è possibile che a 30 secondi da un’infrazione il tuo tergicristallo partorisca il foglio della tua punizione.  5) Il bagno alle stazioni costa un euro, chi avrebbe mai pagato lire 2000 per …

Come siamo arrivati a tutto ciò? Iniziamo a dare soluzioni a una nazione immobilizzata e mettiamole bene in vista, scambiamocele velocemente come le figurine, di modo che la soluzione migliore prenda il posto, a un certo punto, di quella meno buona. What’s your take?

In scioltezza.

Manuel de Teffé

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