Sono in treno, patendo quella sofferenza goffa di chi ha un sonno tremendo ma non riesce ad addormentarsi e quasi desidererebbe essere narcotizzato. Per uno alto 1,90 qualsiasi sedile è scomodo. Arriva a passo spedito dal corridoio un signore carico di bagagli, con consorte piena di pacchi e pacchettini. L’uomo si ferma davanti a me e mi guarda con cattiveria arzilla, agita il suo biglietto del treno davanti ai miei occhi e mi sgrida ad alta voce perché ho occupato anche il posto accanto con una valigetta. Questi italiani! Il danese, perché così desumo da una cosa inelegante che sento, freme e mi prega di alzarmi subito, di prendere tutte le mie cose e trovare il mio posto… perché sono seduto sulla sua poltrona e quella accanto è di sua moglie. Io, che di solito sono molto preciso durante i viaggi, ho l’ardire di chiedergli il biglietto per verificare il numero del posto. Parte una ramanzina contro gli italiani che avrei voluto registrare. Osservo i biglietti con gli occhi tremanti dalla stanchezza, sbadigliando come un orango, cosa che indispone ancora di più la coppia danese che freme e smoccola. “È vero, sono proprio i vostri posti” rispondo con un sorriso stanchissimo ma trionfante. Gli occhi dell’uomo diventano tizzoni ardenti, poi, prima che il suo ringhio ceda il passo alla violenza, molto pacatamente aggiungo: “ Sono i vostri posti di… IERI”. Grido della donna e corsa disperata dei danesi prima che si chiudano le porte del treno. Io sono pervaso da una sensazione di comodità inaudita e mi addormento. Sipario
Manuel de Teffé