Dopo che la società gli ha istituzionalmente inferto una serie di uppercut a raggiera e aver perso tutto tranne che dignità, fede e un’ Alfa 164 ridotta a giaciglio notturno, un ex consulente aziendale/progettista meccanico torinese, cardiomiopatico con prolasso della mitralica a rischio di morte improvvisa e 7 ernie al disco, dopo che intero sistema gli ha definitivamente fatto attorno terra bruciata, si è insediato all’età di 64 anni dove la terra brucia, e preso sovranamente possesso con regolare autorizzazione dell’entrata al sottopasso per piazza San Pietro, sta affrontando il suo destino con una determinazione che trascende la semplice protesta ma che è diventata progetto. Da tutta Roma, dal Marzo 2010, barboni e viandanti di ogni tipo giungono a via delle Fornaci per chiedere udienza al loro re: perché quando una sovranità finisce ai bordi dei marciapiedi, continua a esercitare sovranamente dai bordi dei marciapiedi.
Questo l’identikit dell’uomo col quale ho passato la giornata di Ferragosto, si chiama Luigi Miggiani, è divenuto il punto di riferimento di tutti i clochard romani e vive elegantemente la sua condanna a morte al centro della cristianità in giacca e cravatta, seduto in silenzio a scrivere la sua storia su una sediola al crocevia dei buoni propositi, ogni giorno per dieci ore. Bloccato a Roma per l’Assunta, mi decido a parlare con lui e lo invito al pub antistante la sua postazione. Dopo un lunghissimo dialogo serrato multitemporale che mi vede come un bambino di 6 anni davanti al suo primo puzzle Ravensubger di 1000 pezzi, finisco solo verso la mezzanotte di assemblare 30 anni di vita, ma ciò che vedo mi disarciona come il colpo di scena ne “I soliti sospetti”. Non si tratta del rebooting della parabola del buon samaritano: è lui il buon samaritano.
Se volete farvi un giro di valzer nella vita del signor Miggiani, lo troverete ad aspettarvi a via delle Fornaci, e sicuramente sarà ben felice di parlare con voi, non è questo il luogo in cui parlare delle sue vicende, basti sapere che è un professionista che ha perso tutto e non ha più avuto la possibilità di reinserirsi alla grande nel tessuto sociale. Come ha perso tutto è estremamente significativo, facendo un lavoro di sintesi estrema potremmo dire quanto segue:
c’era una volta un uomo, che licenziato da una succursale Fiat si mette in proprio e apre a Torino due solide aziende di progettazione e produzione di macchine automatiche speciali, la MD e la M.A.S.A.S. Obbligato a chiuderle per un mancato credito, si trasferisce a Napoli e apre uno studio di consulenza aziendale (Management Media Group ) e un’associazione di imprenditori (la Feder Asiom) . La grande disoccupazione era secondo lui arginabile rendendo semplicemente pubblici gli incentivi europei; mentre nella condizione imprenditoriale, si poneva in prima persona per risanare aziende in serie difficoltà agevolando gli imprenditori in crisi, che riuscivano così a uscire dal controllo di reti usuraie. Toccando probabilmente gli interessi di interi gruppi che foraggiavano l’altrui indigenza col business di prestare soldi a strozzo, l’uomo si fa nemici e si ritrova per strada perdendo per sempre la possibilità di reinserirsi in società.
Adesso, c’è da considerare ciò che la cultura popolare asserisce sui barboni, e cioè che i barboni sono barboni per scelta, perché un giorno hanno voluto chiudere con la società e diventare barboni. E’ una credenza dogmatica, e se è così, la mia coscienza sta relativamente in pace, perché una scelta impone rispetto. Di quando in quando, il primo di gennaio sento che qualcuno è spirato per congelamento in un cartone sotto i portici di piazza Pio XII e abbozzo con rispetto una smorfia di compassione: in definitiva è il coronamento di un modus vivendi, penso in mefitica buona fede.
In questi ultimi anni, vedendo sempre più italiani migrare all’estero e più famiglie mandare i propri figli fuori per un più facile inserimento nel mondo del lavoro, ho intuito come tutti i problemi italiani derivino dal fatto che l’Italia è una società feudale, dove l’economia di relazione, vero fulcro di ogni economia, è totalmente assente per ragioni storico/psicologiche. Ogni italiano è un misto tra il Gattopardo, il Padrino e il Divo, ecosistemi in cui il nuovo non può entrare senza presentazione e genuflessione; la maggiorparte dei ragazzi, per non passare la vita a vagare tra i feudi come viandanti, preferisce dunque portare in dote i propri talenti in quelle società che sono aperte e interessate al nuovo. Dalla cattiveria, ci salva una componente a intermittenza di origine francescana.
Ciò che il re dei clochard ci sta dicendo con la sua clamorosa presenza a un tiro di schioppo dal colonnato di Piazza San Pietro è appunto che questa società feudale avanzata non va bene. E il signor Miggiani, non essendo più riuscito a entrare in nessun feudo lavorativo e stupendo una società intera, ha piantato le sue tende fuori da tutti i feudi e innescato un’economia di relazione dirompente RICEVENDO TUTTI senza presentazione, se non un’immediata stretta di mano non mediata.
“Io sono un ex consulente aziendale e sono qui a protestare per fare in modo di smentire quella voce che dice che questa è una scelta; non c’è nessuno che lascia volontariamente la propria casa per andare a vivere all’addiaccio in mezzo alla strada. La mia protesta quindi è per cercare di portare alla luce questa grave carenza anticostituzionale che è l’isolamento sociale. Si parla tanto di omosessualità, di differenza di razza e colore ma non si parla mai di quest’altra forma di discriminazione; l’isolamento sociale è una condanna a morte. Non sono qui solo per parlare del mio caso ma parlo a nome di tutti coloro che sono stati abbandonati. Non sono più qui per risolvere la mia situazione, ma per portare all’attenzione delle istituzioni il problema dell’isolamento sociale mascherato sotto la forma del barbone. Nessuno sceglie questa vita, dietro alla maschera del barbone vi è celata la peggiore delle condanne: lo sato di abbandono. Il clochard è un cittadino propositivamente ridotto a tale. Offerte di lavoro? Adesso non più, desidero solo rappresentare i clochard, gridare quotidianamente che davanti ai nostri occhi muoiono dei nostri simili mentre noi pensiamo che tutto sia normale per quella indegna voce che è stata lasciata diramare e che asserisce che se sei clochard è per scelta. Quando mai. Tutti sognano un lavoro, un tetto e un letto. In nessuno stato civile è ammesso che un essere umano debba morire da randagio come un cane e dove oggi chi abbandona un cane è passibile di arresto in flagranza di reato. Moriamo per omissione di soccorso. Forse il mio destino non era di progettare macchinari e robotica ad alta tecnologia, ma di arrivare qui a Roma per sostenere chi non ha voce in capitolo. Sono un cuore che batte, che ha avuto una storia e che ha contribuito alla crescita economica sociale italiana. Perdono tutti coloro che mi hanno fatto del male. ”
Signor Miggiani, sono un regista, sono abituato alla sintesi per immagini e domani parto, la prego, mi dica esattamente cosa vuole per lasciare questa sua postazione e smontare i cartelloni di protesta a via delle Fornaci.
“Voglio prendere voce per i clochard a livello istituzionale, come Lussuria per gli omosessuali.”
Me ne vado pensando come quest’uomo stia lì come segnaposto, al suo posto ci potrei essere io, qualche mio amico o qualcun altro che non conosco, non è difficile ritrovarsi con un pugno di mosche in mano in un’economia chiusa e maldestra come quella italiana: un pagamento che ritarda, 2 multe da pagare, 6 mesi senza lavorare, la finanza che finanza la finanza. Come dice il mio amico violinista Manfred: “L’unica caratteristica dei soldi è che finiscono”; e come dice il mio amico imprenditore Valerio: “La provvidenza ti intercetta a metà strada”. E a metà strada mi ha intercettato il buon samaritano di via delle Fornaci, facendomi toccare con mano il suo ultimo progetto di vita.
GLI E’ STATA FATTA TERRA BRUCIATA INTORNO E ADESSO SI E’ INSEDIATO DOVE LA TERRA BRUCIA. PERCHE’ QUANDO UNA SOVRANITA’ FINISCE AI BORDI DEI MARCIAPIEDI, CONTINUA A ESERCITARE SOVRANAMENTE DAI BORDI DEI MARCIAPIEDI.
Manuel de Teffé
L’uomo segnaposto. Link all’articolo pubblicato da “L’italiano”