La storia (vera) del giornale magico

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Lavoravo come direttore artistico in una nuova produzione vicino l’areoporto di Ciampino e ogni giorno prendevo il treno per raggiungerla, quasi sempre dopo aver comprato il mio giornale che puntualmente lasciavo sul sedile del frecciaspuntata prima dell’arrivo, tutto arruffato, affinché qualcun altro ne potesse godere la lettura. Quel giorno, finito di leggere il mio quotidiano, lo gettai come al solito sul sedile di fronte, tutto rigonfio di spiegazzamenti ignobili, e mi alzai per scendere, tronfio del fatto che qualche viaggiatore avrebbe trovato come sempre una lettura gratis. Passai in rassegna tutti i miei gratis scaraventati a gente sconosciuta e scesi modestamente felice. Ma quella mattina, colpita da una luce laterale, tutta quella cellulosa pullulante di inchiostri geniali mi si rivelò come massa accartocciata vagamente strafottente. Una certa bruttezza stava percuotendo la mia inaffidabile generosità mentre Il mio pensiero andò dritto al tizio/a che per leggerlo lo avrebbe dovuto prima inamidare e stirare per 10 minuti. Presi allora quel volume caotico tra le mani e nonostante il treno si stesse per fermare iniziai in tre botte a ridargli una forma sopportabile, poi una forma decente e, in lotta contro il tempo, provai anche a lavorare di fino riassestandolo in aspetto quasi primigenio. Quindi lo pressai con entrambe le mani sul sedile per stendere le più impertinenti rughe cartacee interne e mi gettai fuori dal treno. Mi sembrava di esser riuscito a ripiegare quel giornale battendo ogni record (come quando a scuola in tredici secondi trasformavo il serpentone in palla), e passai la giornata fiero di un atto sobriamente irrilevante. Ma fu il giorno dopo che compresi l’essenza fondamentale di quell’inutilità. Il giorno seguente arrivai infatti con un certo ritardo alla stazione Termini, all’edicola tutte le copie del mio quotidiano erano terminate e io salii sul treno come un cane bastonato. Iniziai mio malgrado un braccio di ferro con quel feroce disappunto quando, appena salito su un vagone immensamente vuoto, dopo una decina di passi, il mio occhio cadde su un sedile dove di sghembo c’era il mio giornale perfettamente piegato. Il mio giornale. Perfettamente piegato. Non ci potevo credere. Nessuno lo aveva ancora letto? Lo afferrai con una certa sorpresa… ma vidi che era il quotidiano del giorno, il mio quotidiano di quel giorno, piegato perfettamente, come stampato sullo stesso treno. Passai cinque buoni minuti con con quella carta sulle ginocchia e mentre la guardavo con stupore, ripercorrevo tutti i pensieri dal giorno prima fino a quel momento commosso: era indubbiamente un regalo per me. Fu allora che capii per sempre, senza possibilità di equivoci, che gratis non è abbastanza.

Manuel de Teffé

One thought on “La storia (vera) del giornale magico

  1.  

     

    Trascorro un momento piacevole leggendo le vostre pubblicazioni. Grazie Manuel.

     

     

    > Message du 11/07/18 16:02 > De : “WordPress.com” > A : viviane-de-france@orange.fr > Copie à : > Objet : [New post] La storia (vera) del giornale magico > >WordPress.com

    Manuel de Teffé posted: ” Lavoravo come direttore artistico in una nuova produzione vicino l’areoporto di Ciampino e ogni giorno prendevo il treno per raggiungerla, quasi sempre dopo aver comprato il mio giornale che puntualmente lasciavo sul sedile del frecciaspuntata prima”

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