l’italico leit motiv “In Italia non c’è meritocrazia” ci ha portato negli ultimi 20 anni a un cortocircuito dialettico surreale. Abbiamo comprato un concetto a scatola chiusa e lo abbiamo trasformato in mantra da salotto. Suonava estremamente fico. E quando qualcosa andava storto come non mai, “In Italia non c’è meritocrazia” è stata la nostra panacea, un assist dal subconscio al nostro alibi più grande. “In Italia non c’è meritocrazia”: la più insistente menatura del can della nostra storia, un ottuso “beating around the bush” su scala peninsulare, la tronfia matrigna di tutte le giustificazioni. Questo cappuccino fa schifo, IN ITALIA NON C’E’ MERITOCRAZIA. E affermandolo, ci siamo sentiti più grandi. La Crazia ci stordiva a tal punto da farci provare per anni compiacimenti oscuri quando rimasticavamo il concetto con sussiegosa rassegnazione davanti alla signora che si lamentava del figlio disoccupato.
Perchè Dire “Signora mia in Italia non c’è meritocrazia” è un “non sequitur” di proporzioni ipnotiche: in Italia ce ne sono mille di meritocrazie. Tutte blindatissime e stagnanti; è una meritocrazia così blindata che ha invitato per settant’anni i suoi figli a meritare altrove.
Adesso, se vogliamo sradicare un problema, dobbiamo individuare la causa del problema, non possiamo cristallizzarne dialetticamente l’effetto spacciandolo come problema. E il problema non è “in italia non cè meritocrazia”, quello è l’effetto, perchè la causa che storicamente ha generato la blindatura di tale meritocrazia è stata omessa. Vediamo dunque di ristabilire un’elementare cronologia tra causa ed effetto.
L’Italia è una SOCIETA’ FEUDALE AVANZATA. CAUSA. Società feudale perché ereditando storicamente la propria struttura dai feudi, ha trasferito a raggiera lo status quo di quella società chiusa su ogni punto del suo tessuto sociale, psicologico, culturale ed economico. Avanzata, perché abbiamo traslato questa mentalità anche su internet (difficilissimo avere ancora una risposta ad una email, si finge non siano arrivate). Diventati una nazione, uniti nel bene e nel male, abbiamo conservato una psicologia da bunker, sempre guardinghi se qualcuno tenta con noi un qualsiasi tipo di contatto professionale. Dopo il sisma delle due guerre mondiali, ci siamo nuovamente rinchiusi e divisi perfettamente, passando il tempo a marcare i nostri territori. L’illusione della televisione ci faceva sentire una nazione, ma la vocazione dal manager all’impiegato è stata sempre quella di difendere la posizione acquisita finché morte non ci separi: ogni postazione libera veniva poi rioccupata per partenogenesi o cooptazione. La ruota veniva dunque girata dagli stessi criceti, qualora svariati speedy gonzales si fossero messi in luce, la blindatura della meritocrazia del sistema neofeudale li avrebbe invitati subito a partecipare altrove i propri talenti.
Pezzo di carta, posto fisso e catenaccio divennero presto i capisaldi emblematici dell’immobilità nazionale.
La società italiana si affrancava così diabolicamente dalla realtà del ricambio generazionale, perno quintessenziale di ogni sana economia dirompente. I vecchi videro nei giovani i loro più acerrimi nemici, la figura americana dell’uomo mentore non decollò mai, e l’impenetrabile assetto neofeudale fece attecchire uno spontaneo sentimento di invidia nei confronti di chi avrebbe potuto meritare qualcosa di grande in relazione alle proprie capacità, nei confronti di chi iniziava ad avere le carte giuste per entrare in questo o quel feudo verso il quale lo indirizzavano automaticamente i propri talenti… Ma per entrare nel sistema non erano utili le qualità individuali; Il sistema aborriva la gente di talento, solo gli inefficienti avevano porte spalancate, poiché una volta entrati non avrebbero costituito minaccia alcuna per nessuno.
Estratto di un dialogo dalla “Grande Guerra” di Mario Monicelli :”Da questo momento silenzio assoluto: spegnere tutti i fuochi e le sigarette. Mandi un paio di uomini per portare un messaggio alla batteria i Pagliai, scelga i meno…insomma i meno efficienti.”
Per non morire della meritocrazia altrui, gli italiani cresciuti fuori dai vari feudi meritocratici, quelli efficienti ma senza le giuste conoscenze, iniziarono così a varcare i confini nazionali, dove si resero conto che per farcela non dovevano conoscere nessuno, perché la società era aperta e mobilissima. Per buttarla in caciara e drammatizzare la situazione, qualche giornalista bollò questo fenomeno come “Fuga dei cervelli”, un altro concetto ganzo e depistante per fare bella figura coi lettori, ma in realtà non fuggiva nessuno. Era il sistema feudale meritocratico autoreferenziale che non facendo entrare in circolo energie nuove le espelleva come fossero virus: la fuga di cervelli era semplicemente un’ emorragia di esseri umani.
Senza rendersene conto, l’Italia mandava al confino un’altra Italia che si riorganizzò in Sudamerica, negli USA, in Australia, in Germania. nacque così il nuovo italiano all’estero, che lontano dalla forza di gravità italiana come Superman da Kripton, scoprì attonito di avere superpoteri: tutto, ma proprio tutto era straordinariamente semplice lontano dalla madrepatria .
Individuato dunque il problema italiano nella società feudale e autoreferenziale impermeabile ai meriti esterni, vediamo cosa accadrebbe se domani mattina esplodesse LA MERITOCRAZIA.
Se l’Italia si trasformasse domani in repubblica meritocratica, non avendo ancora esorcizzato la causa numero uno che ne attanaglia lo sviluppo, accadrebbe qualcosa di paradossale. Perché una meritocrazia innestata a freddo in una società feudale porterebbe a un assurdo incancrenimento dello status quo, potrebbe anche dare adito a una sinistra dittatura dei meritevoli che, una volta arrivati meritoriamente alle proprie postazioni, non vedrebbero più alcun motivo per allontanarsene, per lasciare un giorno il posto generosamente a X. Esattamente come prima: meritocrazia a ricambio generazionale zero.
Questa è la storia vera di come il Made in Italy abbia lasciato il posto anno dopo anno al Fade in Italy.
In sintesi, abbiamo detto per vent’anni “in Italia non c’è meritocrazia ” perché abbiamo voluto fare bella figura e stare a posto con la nostra coscienza, senza sapere che non parlavamo del problema ma del suo effetto, un errore di valutazione che ci ha consegnato al disastro attuale chiavi in mano. In realtà il concetto preciso è: in Italia non c’è mai stato un ricambio generazionale spontaneo, e ciò è stato impedito da una società feudale dove tutto diventava casta intollerante verso un organico rinnovamento dall’esterno.
La chiave sta dunque nella sfeudalizzazione della nostra società mediante un ricambio generazionale sereno e spontaneo. Ma per innescare questo processo di sfeudalizzazione bisogna promuovere una nuova cultura che abbiamo scartato aprioristicamente, quella della generosità nel senso più ampio del termine, e le generosità è una delle caratteristiche dell’eccellenza.
Dedicato a tutti gli scardinatori culturali del sistema, in primis agli amici del Forum della meritocrazia, http://www.forumdellameritocrazia.it, che con la loro attività straordinaria stanno facendo un eccellente lavoro di gutta smantellando centimetro dopo centimetro la mentalità di una società blindata.
Tante gocce contro una Lapidem.
Questa, la mia gutta.
Manuel de Teffé
Director/Writer